Confliggere in sicurezza
Il potere del sentire
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Giuseppe Morosini |
Venerdì 17 febbraio a Ranica si è
tenuta la quarta conferenza di psicologia gratuita del ciclo di
incontri sul tema “Sicurezza”, progetto organizzato dal Comune di
Ranica e il Centro Divenire, centro di cura e sviluppo della persona.
Ospite Giuseppe Morosini che ci parla di “Confliggere in
sicurezza”.
Per molti di noi sarà una bella
notizia scoprire che il conflitto fa parte di una relazione sana: è
nella fisiologia della convivenza. Ciò che più spesso ci atterrisce
del conflitto sono le conseguenze sgradevoli che gli attribuiamo, le
brutte sensazioni che ci fa vivere, in un ottica negativa: quante
volte abbiamo sentito senso di colpa? Quante abbiamo detto: “Non ne
vale la pena”, oppure “Meglio evitare, per amore della pacifica
convivenza”? Quanti invece si sono sentiti dei mostri per aver
aggredito verbalmente il collega, un sottoposto o il tizio che
guidava troppo lento nel traffico?
Ciò che il Dottor Morosini sottolinea
fin dall'inizio della conferenza (attualmente si occupa di gestione
del personale e di conduzione delle equipe professionali all'interno
di tre cooperative sociali ONLUS) è che il conflitto bene o male
attraversa le vite di tutti. I bambini litigano fra loro e coi
genitori, gli adolescenti con gli insegnanti e nel mondo nel
lavoro... beh, si sa!
Tanto vale attrezzarci di conseguenza e
iniziare a domandarci: Cos'è per me il conflitto? Come mi comporto?
Cosa sento? A cosa serve il mio comportamento? Immaginiamo una
situazione ben specifica.
Bisogna anzitutto dire, per tirare un
bel sospiro di sollievo, che se c'è conflitto allora c'è relazione:
dev'esserci un clima per cui io mi sento libero di esprimere il mio
parere. E questo succede non in tempi di guerra e repressione, ma in
tempi di pace. Ricordate un regime in cui fosse ben vista la libertà
di pensiero e di parola? Perciò è bene ricordare, almeno per
partire un po' carichi di coraggio, che il conflitto si sviluppa in
una condizione di pace, nella pace ci sentiamo in diritto di dare la
nostra opinione. Nel dizionario italiano il termine conflitto
ha un significato simile a quello di guerra, ma
all'inizio non era così, a meno che non ci si rifaccia all'idea che
della guerra avevano i Romani, la quale non prevedeva lo sterminio
del nemico.
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dott.ssa Gloria Volpato e dott. Michele Crespi |
Inoltre è molto
interessante notare come molti conflitti, ancor prima che fuori,
nascano dentro di noi. Racconta il professor Morosini che per
cambiare la sua vita e passare da progettista in un azienda
metalmeccanica a counsellor, cambiando completamente la mission del
suo lavoro oltre che l'ambito professionale, ha dovuto risolvere un
conflitto interiore, quello che c'era fra lui stesso e la parte di
lui che voleva evolvere per poter trovare il modo di realizzare i
suoi desideri più profondi.
Ma torniamo al
conflitto interpersonale. Alcune dritte: anzitutto esplicitare il
conflitto scegliendo il luogo e il momento adatto per poterne parlare
ed eventualmente scegliere di lasciar raffreddare le acque se le
emozioni che stiamo provando sono troppo intense. Ognuno reagisce
diversamente, tant'è vero che alla conferenza il pubblico è
intervenuto per raccontarlo e ogni contributo è stato un tassello
del mosaico di possibilità. Alcune domande possono aiutarci a
comprenderci meglio, ad esempio: “Qual è l'emozione che sto
provando in questo momento?”, “Cosa mi porta a provare questa
rabbia/paura/frustrazione/angoscia/tristezza?”, “Com'era vissuto
il conflitto nella mia famiglia d'origine?”, “C'erano delle
emozioni che non potevo manifestare? Rabbia? Paura? Gioia?
Tristezza?”, “Mi sentivo libera/o di esprimere il mio punto di
vista oppure ero impaurito?”. Le forti emozioni che ci fanno
perdere il controllo, come quando diciamo che ci va il sangue alla
testa, sono controproducenti per il nostro dialogo. Derivano da una
parte bambina di noi.
Secondo l'analisi transazionale possediamo,
nessuno escluso, purchè adulto, una parte bambina, una genitoriale,
quella che ci vieta ad esempio di comprarci quel vestito che abbiamo
visto in vetrina perchè costa un occhio della testa e abbiamo un
portafoglio che scarseggia, e una parte adulta. È bene che in un
conflitto riescano a incontrarsi le parti adulte dei due, quelle che
sanno tenere conto dei nostri bisogni intimi ma anche dei bisogni
dell'altro, e al tempo stesso sanno prendere decisioni che prevedono
la mediazione e il compromesso. Domanda A: “So quali sono i miei
bisogni?”, domanda B, “So ascoltare i bisogni dell'altro?” e
senza giudicarlo? A volte per paura di cedere dalla nostra ferrea
posizione non ascoltiamo affatto il nostro interlocutore oppure lo
ascoltiamo solo con lo scopo di controbattere.

Dai conflitti si
può uscire vincenti se ci sentiamo in grado di gestire il confronto
con l'altro. E se, male che vada, il conflitto non si è risolto, ce
ne andremo con una visione in più del problema, quella dell'altro,
anche se non la condividiamo. Questo significa sostare nel conflitto,
sapere che non perdiamo nulla di noi stessi se anche abbiamo visioni
contrastanti. Anzi, ci arricchiamo con un nuovo punto di vista.
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