ottobre 2016 |  Matilda sei mitica!

giovedì 13 ottobre 2016

venerdì 7 ottobre

Stati di Grazia nella Disgrazia





La conferenza gratuita di psicologia di proposta dal Centro Divenire di Torre Boldone in collaborazione con il Comune di Ranica si apre con un titolo ambizioso.

Ospite il professore all'istituto Berne di Milano, psicologo, psicoterapeuta, consulente per le organizzazioni, trainer, supervisor, autore di diversi libri fra cui “Amore limpido”, un viaggio nell'evoluzione del significato della funzione dell'amore per l'essere umano, Giorgio Piccinino. Ci ha parlato della sua esperienza di perdita della persona amata in seguito a un lungo percorso di malattia grave. Il suo intento era mostrarci la possibilità di essere felici nel dolore, “Momenti di grazia nella disgrazia”, questo il titolo della conferenza, chiedendo al pubblico e riuscendoci con grande risultato, di condividere, se ci fossero stati nella loro esperienza di malattia o di lutto, momenti simili.

E' proprio per questo che dal canto suo chi lavora nei reparti terminali o di patologia infantile è restio a cambiare reparto, perchè dal quel cumulo di esperienze a volte laceranti per la persona che soffre ne esce un grande insegnamento per la persona che assiste e, se gli sta vicino con sapienza, anche grandi momenti di gioia. Forse perchè in quelle occasioni rallenta tutto: “Di quando mia nonna ha fatto la chemioterapia mi ricordo solo una cosa: rimaneva tutto lì, in uno spazio piccolo, concreto, per il resto non c'era più spazio”, dice una persona del pubblico. Forse perchè andare verso l'altro a mani vuote rende semplicemente felici: “io gli dicevo: non so cosa dirti, ma resto qui con te. Parlava l'ammalato, io lo ascoltavo e andavo via contenta”. Forse perchè siamo geneticamente programmati per provare gioia quando facciamo del bene: un video proiettato durante la conferenza riprendeva donne che si erano rasate la testa in solidarietà a un amica che aveva il tumore, “quelle persone hanno trovato una parte di se' che non sapevano neanche di avere”, sottolinea un'altra donna, una parte amorevole, un comportamento di tutela nei confronti dell'altro che ci rende più forti, in netto contrasto con il sentirci più forti tagliando la testa dell'altro, ergendoci su un piedistallo di superiorità. Forse perchè “quando mio cognato è stato male mi sono sentita molto riconosciuta da lui, riconosceva in me una persona che non avrebbe usato la sua fragilità per fargli del male”, e questo ci rende felici, aggiunge il dottor Piccinino. Secondo un meccanismo di rinforzo e allarme noi esseri umani siamo “allarmati” dalle cattive sensazioni come la paura e la tristezza perchè ci indicano che non stiamo facendo del bene per noi e al contrario siamo “rinforzati” quando proviamo gioia, la gioia è il premio che viene a dirci che quanto stiamo facendo è un bene.

Sì ma come si fa a stare vicini alla persona che amiamo e che soffre senza farci trascinare dalle inevitabili ansie e preoccupazioni per la sua salute o dal suo stesso dolore?
“Quando mia moglie era malata non sono stato infelice. Avevo degli abissi di dolore, ma non quando stavo con lei. Un mio caro amico veniva a trovarci al capezzale di mia moglie e si affacciava solamente per salutare. Poi quando mia moglie è morta mi ha telefonato per chiedermi se volevo che venisse a dormire da me. Mi stava dicendo che non mi lasciava solo, lui che poco prima non riusciva nemmeno a entrare nella camera d'ospedale. Era una sua incapacità. Dobbiamo insegnare ai bambini fin da piccoli a stare accanto alle persone che soffrono”, a nutrirsi della loro capacità di offrire se stessi, a mani vuote, perchè “apprendiamo tante cose, in primis a non sprecare il tempo che abbiamo”, conclude Piccinino.

30 maggio 2016

Voce, corpo, relazione




L'attrice e musicoterapeuta Miriam Gotti intona, insieme a una chitarrista, una bellissima canzone popolare “Sogna fiore mio” proveniente dal sud Italia. È una ninna nanna uscita in un disco di Lucilla Galeazzi nel '92, ma le sue note hanno un sapore più antico. Spiega Miriam, educatrice teatrale e pedagoga, che “è il canto di una mamma al suo bambino, con l'augurio che possa sognare il mondo e la sua bellezza”. Si può trovare facilmente la traduzione del testo sul web, ma la canzone va ascoltata nel dialetto d'origine per cogliere tutta la dolcezza e l'armonia. Vi è mai capitato che la vostra mamma vi cantasse una ninna nanna? Se non ne conoscete nemmeno una, questa è un alternativa eccellente.

Aver avuto delle ninne nanne è importante, ci racconta Miriam. A cinque mesi, ancora nella pancia della mamma, siamo in grado di sentire la sua voce, mentre solo al settimo riusciamo a sentire anche quella del papà. La relazione fra la mamma e il bambino comincia da una relazione vocale, “nella quale il bimbo si sente protetto e al sicuro, costruisce il primo legame con la madre e le basi di un linguaggio”. Perchè?

Partiamo dal principio. Il suono è un onda, una frequenza e quando un corpo è pronto a riceverne la vibrazione si crea risonanza. La scienza che studia le forme delle onde sonore si chiama cimatica: se si versa del sale su una superficie vibrante come un tamburo e si riproducono delle frequenze vicino ad esso vediamo che il sale prende forme diverse per ogni suono, forme geometriche. La mamma e il suo bambino: il suono si propaga dalle corde vocali e diventa un vero e proprio massaggio vibrazionale per il bambino perchè quando cantiamo le vibrazioni si propagano nelle ossa e nei tessuti liquidi e il nostro corpo assume all'interno nuove forme, la nostra acqua assume nuove forme, come il sale dell'esperimento. Da grandi è la nostra voce, col suo tono, la sua acutezza o gravità, la sua intensità, a vibrare dentro il nostro corpo e il tipo di vibrazione che fa muovere i nostri tessuti è il tipo di energia che ci abita. Ci sono molte teorie sui significati simbolici delle tonalità di voce, acute sono connesse all'aria, alle idee, vanno verso il cielo e sembrano tipiche delle persone che si lasciano trasportare dagli altri e rincorrono tutte le cose che si presentano nella loro vita. Le tonalità basse sono mascoline, connesse alla vita materiale e pratica e infatti le manager abbassano il tono della loro voce per risultare più incisive, più prestanti.



Il canto è un esigenza viscerale: ogni volta che cantiamo stiamo dinamizzando la nostra acqua interna. Il canto della mamma è armonia per le orecchie del bambino. Pensate a una mamma che comunica sempre urlando o con un tono di voce brusco, a scatti, tipico di quando si rimprovera. A livello inconscio il bambino sentirà caos, perchè il rumore è caos. Per questo il canto è benefico.

La risonanza è questione d'orecchio anche nelle relazioni umane. Quando siamo al telefono con un'amica e dal tono della sua voce capiamo che qualcosa non va, senza che lei ce l'abbia detto espressamente, succede che il suono ha aperto in noi un canale immediato a cui spesso non facciamo caso ma che ci tocca nel mezzo di un istante, l'impatto è emotivo. Continuiamo ad ascoltarla e quello che attiviamo è il canale verbale, che risponde alla logica, all'analisi e impiega più tempo per arrivare alle conclusioni, mentre il cervello emotivo capisce fin da subito che lei non sta bene.

29 aprile 2016

Quando l'amore non basta più: come trasformare una crisi di coppia in una rinnovata felicità





Il silenzio spesso è l'unica forma di comunicazione. Ci comunica che siamo arrivati in profondità, al nocciolo dei nostri problemi: non ho più parole, dicono a volte gli amanti. Ci insegnano le dottoresse Gloria Volpato e Francesca Scarano che le coppie che vanno in terapia a volte non si conoscono: “Questa cosa di te non la sapevo”. E di solito quando l'uomo o la donna all'interno della coppia riescono a mostrare la loro vulnerabilità, a rompere il silenzio, “poi succede che l'altro se ne prende cura, come se avesse fra le mani un dono prezioso”. Parlare d'amore non è facile, c'è chi dice che bisognerebbe guardarsi da chi elargisce consigli, ma qualche pillola di psicologia può venirci in aiuto.



Per cominciare la dottoressa Volpato ha voluto lanciare un messaggio di speranza per gli amori finiti. “Alla presenza del mio ex marito, sono molto commossa. Sono sempre più convinta che se l'amore c'è stato, allora entrambi ne escono vincenti, perchè quando si ama si fa un dono all'altro, quello di riuscire a incontrare parti di se' che altrimenti, senza la forza scatenante della passione, non conosceremmo mai: le nostre parti in ombra”, l'aspetto infernale dell'amore. “Ci innamoriamo di qualcuno perchè inconsciamente sappiamo che quella persona tirerà fuori il meglio ma anche il peggio di noi stessi. Quando sappiamo guardare ad un rapporto d'amore come ad un percorso di conoscenza autentica di noi stessi ne usciamo sempre vincenti”.



Non ci credete? Forse perchè confondete il dolore inevitabile che bisogna attraversare quando una storia finisce (se vuoi vedere di cosa si tratta, vai a sbirciare questo video dell'artista Marina Abramovic, proiettato a fine conferenza ), con la fatica logorante di rimanerci attaccati. Perchè rimanere attaccati a un amore finito ci logora? “Per risanare una crisi di coppia bisogna essere in due, altrimenti è come nuotare controcorrente, che infondo è una forma di resistenza al cambiamento”.



“Innamorarsi è facile, semplicemente accade”, continua la dottoressa Scarano “la vera sfida è continuare ad amarsi anche dopo che sfiliamo via le lenti rosa, quelle che ci fanno vedere l'amato o l'amata come un Dio o una Dea”. Superare la fase che gli psicologi chiamano luna di miele. “Ed è impressionante scoprire quante persone credono all'eternità della luna di miele. Se non sento più le stesse forti emozioni che sentivo all'inizio allora vuol dire che non sono più innamorato, pensano in molti”. Ma non è così, “tutti i rapporti di lunga durata vanno incontro a delle fisiologiche crisi, che possono essere un modo per conoscerci meglio”, sfatare alcuni miti che abbiamo sull'altro e aprirci a nuovi interrogativi.



Ciò che molto spesso porta al fallimento di una relazione è l'eccessivo carico emotivo che chiediamo al partner di riparare. “E' come se a un certo livello ci augurassimo di poter ritrovare quel paradiso perduto che non c'è stato nel periodo precedente oppure nella nostra storia familiare”. Ecco che allora ci trasformiamo, senza rendercene conto, con le nostre pretese e il dito puntato contro l'altro, in bambini. “Quello che dovremmo chiederci è: cosa sto cercando di non sentire se vengo da te in maniera così violenta?”. La rabbia nasconde spesso la paura, la vergogna, la fragilità. “Quando non vogliamo provare il dolore e la paura che l'altro ci provoca finiamo per nascondere i nostri sentimenti con maschere e ruoli” (se vi interessa approfondire, lo stile isolato, lo stile disorientato, lo stile isterico, lo stile del potere).

A conclusione, un elogio alla poesia: chi voleva fra i presenti pronunciava ad alta voce una parola, per condividere ciò che provava in quel momento rispetto ai temi affrontati. “Dialogo, attaccamento all'idea che ho di me, vulnerabilità, equilibrio, impegno, vita, sofferenza, speranza, visione, cura, leggerezza, scintilla, gratitudine, paure, tutto torna, conferma, lotta, spazio per me, aiuto reciproco”.


Risvegliare l'energia


Ospite d'onore a Ranica, presentato dalla sua allieva Francesca Scarano che collabora con il Centro Divenire, è Luciano Marchino, uno psicoterapeuta impegnato.





Si occupa di bioenergetica, nel 1974 fonda e diventa direttore dell'Istituto di Psicologia Somatorelazionale IPSO di Milano. È anche direttore del Centro di Documentazione Wilhelm Reich, analista bioenergetico, docente all’Università di Milano-Bicocca, trainer dell’International Institute for Bioenergetic Analysis di New York fondato da Alexander Lowen, suo maestro. Di lui raccoglie, traducendo per anni e pubblicandone infine i saggi nel volume L'arte di vivere, il lavoro. Da un estratto dell'introduzione al libro, a cura di Luciano Marchino: “Se sino a oggi avevamo rinunciato a vivere, accontentandoci di rappresentare di noi stessi solo la versione socialmente accettabile, egli (Lowen) ci ha invitato a essere pienamente e senza riserve e ci ha fornito un metodo di ricerca da cui sarà impossibile prescindere per chiunque abbia assaggiato, sia pure per un solo istante, il gusto dell’autenticità”.
L'analisi bioenergetica è un'estensione dei concetti sviluppati da Wilhelm Rech. La tesi fondamentale è quella dell'identità funzionale tra corazza muscolare e corazza comportamentale ovvero tra l'atteggiamento fisico di una persona e la struttura del suo io. Il corpo si comporta come noi ci comportiamo. Detta così pare una tautologia e in effetti questo è ribadito da Marchino: “se insulti il tuo corpo stai insultando te stesso”, in aperta polemica contro gli psicanalisti che “ fanno tutto senza corpo e poi mandano i loro pazienti a fare yoga”.
Lowen prosegue il lavoro di Rech, il tema ha un sapore attualissimo: “La persona che è in contatto col proprio corpo è consapevole delle proprie tensioni, quindi si può assumere la responsabilità del proprio benessere. L'illusione che la società possa cambiare senza un preventivo cambiamento della struttura caratteriale dei suoi membri è stata discussa da W. Reich in Psicologia di massa del fascismo”.
Ma perchè nelle ricerche di Marchino il corpo è così importante?
“Da bambini subiamo un processo di mortificazione del corpo, veniamo addomesticati a vivere dentro la domus, anni fa eravamo contadini che vivevano negli ampi spazi della campagna e questo cambia anche solo gli orizzonti fisici con cui entriamo in contatto. L'occhio viene abituato a percepire distanze molto più piccole nelle quattro mura di un trilocale in città”. Oggi che viviamo di uno stress cronico diventa importante, come dice il titolo della conferenza, liberare l'energia e questo è l'intento della bioenergetica, perchè “sono molti i modi in cui imbrigliamo quotidianamente la nostra energia, il lavoro, un'alimentazione compulsiva, la masturbazione compulsiva, tutti modi per non sentirci. L'energia è un contatto profondo con noi stessi, che cos'altro sarebbe l'illuminazione del Buddha?”
Ma un profondo contatto con noi stessi capita di perderlo quando sentiamo emozioni troppo forti o troppo spiacevoli, che rinchiudiamo nel corpo come in casseforti, sotto forma di contrazioni. “Noi cerchiamo di entrarci lentamente con la terapia. A tal punto ritornano ricordi sgradevoli ma anche una nuova energia. Si tratta di avvicinarsi sempre più a quel nucleo originario di quando eravamo bambini, prima che tutti i condizionamenti esterni ci castrassero per costruire una versione socialmente accettabile di noi”.

Un po' di follia in primavera



scena del primo episodio televisivo: CC cerca di baciare Alice

Alessia Gazzola (che ho intervistato qui) è autrice veronese della serie che è in vetta alle classifiche da qualche tempo, cominciata con il romanzo “L'allieva”, da lei stessa definito un misto fra noir, giallo e rosa, una tinta indistinta e originale di cui va fiera (ce l'ha detto a Treviglio). C'è la storia di una giovane donna intenta a realizzare se stessa, c'è un triangolo amoroso tipico dei Best Seller del secolo, e poi il mistero: i casi di omicidio da risolvere. Qui la recensione del suo quinto libro.

Titolo: Un po' di follia in primavera

Autore: Alessia Gazzola

Editore: Longanesi

Genere: romanzo noir, rosa, giallo

Pagine: 298

Prezzo di copertina: 14,36 euro

Anno di pubblicazione: 2016

Trama: Alice Allevi è una specializzanda in medicina legale che vive a Roma con la sorella del suo ragazzo Arthur e fa tutto fuorchè studiare; ma è una fortuna perchè col suo zampino si risolve il caso che si presenta una mattina all'ispettore di polizia Calligaris, l'omicidio di uno psichiatra conosciuto nell'istituto di medicina legale, chiamato spesso come consulente alle indagini. La pista non fa emergere alcun nome, solo sospetti finché una dichiarazione improvvisa di un ospite dell'ospedale psichiatrico stravolge le indagini. Nel frattempo la vita sentimentale di Alice ha avuto una svolta, un anello imprevisto bussa alle porte del suo cuore e alla verità nascosta nel profondo dentro di lei, che qualche volta si scuote ancora alla presenza del suo maestro e mentore, sadico e bello dottor CC. Quale sarà la giusta pista da percorrere?

Commento: la trama si snoda in un crescendo emotivo che intreccia le vicende dell'assassinio, nel quale Alice svolge un ruolo chiave, aiutata dalla dote dell'avventatezza e da un coraggio tutto da invidiare, e le vicende amorose/sentimentali che scuotono la sua concentrazione e che spesso sono determinate da piccoli incontri, all'apparenza casuali, ma carichi di significati per le indagini. Il risultato è un libro snello che si divora in poche ore. Traccia ideale per una serie televisiva: la Rai ha comprato i diritti e ha ideato una fiction (è già in streaming la prima e la seconda puntata) con Alessandra Mastronardi nel ruolo di Alice, bella e dall'aria caparbia come la protagonista. Lo consiglierei ad un pubblico che ha voglia di svagarsi con la lettura. Accattivante, arricchito dal mistero delle indagini che non sono mai troppo macchinose, né prevaricano la vita di Alice, un buon equilibrio fra le aspirazioni della protagonista, le sue intuizioni professionali e il romanticismo, che l'attrae verso le sfaccettature dei rapporti umani, tenendosi astutamente alla giusta distanza, senza starne mai troppo lontana.

sabato 8 ottobre 2016

Cinque minuti con Alessia Gazzola


Oggi sono andata a Treviglio al talking della giornalista di Repubblica Annarita Briganti con Alessia Gazzola, autrice de "L'allieva" e i quattro romanzi che seguono tutti incentrati su Alice Allevi, specializzanda in un istituto del tutto particolare..


Ecco le domande che le ho fatto, è un audiointervista di tre minuti facile da scaricare.

A breve pubblicherò le curiosità che l'autrice ha svelato al pubblico e una recensione dell'ultimo libro della serie, Un po' di follia in primavera, Longanesi (l'ho trovato molto intrigante, anche se non avevo idea della trama dei precedenti).