ottobre 2015 |  Matilda sei mitica!

lunedì 19 ottobre 2015

Il Gabbiano Jonathan Livingston

Richard Bach


Mi ha consigliato di leggere questo libro mia zia, secondo lei mi avrebbe portato consiglio in questa fase della mia vita. La BUR sottotitola nell'edizione diciottesima datata 1988 “best-seller del secolo”. Quando ho aperto la prima pagina avevo una grandissima aspettativa sul Gran Consiglio del gabbiano Jonathan, ma fra me e lui c'è stato inizialmente ben poco feeling. Credevo che Richard Bach fosse uno scrittore, invece se la faceva un po' coi romanzi e un po' con gli aerei.




Richard è nato nello stato dell'Illinois il 23 giugno del 1936, quando ancora in America erano in uso le leggi razziali. Il segno del Cancro deve portargli fortuna perchè diventa pilota riservista (è una specie di commando separato) dell'aeronautica militare statunitense. Scrive manuali tecnici di aviazione per la Douglas Aircraft Company, una fra le maggiori aziende di aeronautica americane, collabora con riviste specializzate inglesi e si dedica al volo acrobatico. A ventisette anni scrive “Stranger to the ground” e di qui in poi la sua produzione è piuttosto regolare fino al suo ultimo libro “Hypnotizing Maria” del 2009, ma se navighi sul suo sito ufficiale lo trovi lì ancora bello arzillo a rispondere ai suoi fan, tanto che ha da poco pubblicato un libro in vendita su Amazon che è una raccolta di storie tratte dal suo sito web.

Sposato tre volte, dalla prima moglie Bette ha avuto sei figli e uno di loro, Jonathan, ha scritto un libro intitolato “A Reunion of Father and Son” in cui tratta il rapporto controverso col padre.



Ha debuttato negli anni Settanta con Il gabbiano Jonathan Livingston, tradotto in varie lingue in Europa, scritto nel 1973 e pubblicato per la prima volta dalla BUR nel 1977. Questa versione conteneva le fotografie di un altro americano, un certo Russel Munson laureato a Yale nel Connecticut, le cui fotografie sono comparse su importanti pubblicazioni. Si occupa di fotografia e di aviazione insieme.


Vi dico solo che mia zia è stata una settantottina e all'epoca scommetto che la parola libertà era una delle parole chiavi di qualsiasi striscione. Ecco cosa racconta la storia...

Nella prima parte il giovane gabbiano è alle prese con la sua diversità, egli vuole volare alto e volare veloce e questo gli provoca non pochi problemi con il nativo Stormo Buonapettito e l'Assemblea Generale che decide all'unanimità per l'esilio. Alla base c'è una concezione opposta della vita di gabbiano: lo Stormo crede che tutto della vita ci è ignoto, tranne che siamo al mondo per mangiare e campare al più a lungo possibile, mentre per Jonathan l'unica cosa importante è perfezionare le tecniche di volo. La parte seconda è l'esplorazione del protagonista di un mondo parallelo e lontano in cui i gabbiani la pensano come lui, cioè che nella vita è importante perfezionare l'unica vera attività di un gabbiano, ciò che lo rende libero: il volo. Jonathan stringe i rapporti con l'anziano del gruppo che lo inizia alle tecniche più evolute, quelle che nemmeno gli altri gabbiani iniziati hanno ancora saputo eseguire. Ma lo spirito inquieto di Jonathan lo richiama presto allo stormo natio ed è così che nella terza parte egli tenta la strada dell'insegnamento dell'amore e della perfezione apprese durante il viaggio e si dimena con un gruppo di allievi esuli a loro volta dallo Stormo Buonappetito, ma anche con i curiosi che vengono ad ascoltarlo nei suoi sermoni serali...

Nel 2012 l'autore ebbe un grave incidente mentre si recava da un amico col suo idrovolante che lo trattenne in ospedale per quattro mesi. Egli afferma che quell'episodio fu l'ispirazione per la scrittura della quarta parte del libro. www.zam.it dice che egli abbia dichiarato di aver scritto Il Gabbiano Jonathan Livingston sotto dettatura di una voce astrale.

domenica 18 ottobre 2015


Viaggio al termine della notte

Celine Louis-Ferdinand



fotografia di Gaia Filippi

Il protagonista del libro ha il nome dell'autore. L'ho ascoltato recitare da Giorgio Personelli insieme a Fabrizio Pagella, con tastiera, chitarra e sassofono. L'occasione è stata a Montello, alla rassegna Fiato ai Libri, del sistema bibliotecario di Seriate e Laghi, che è giunto, a ragione, alla decima edizione. Da dieci anni questi leggono i libri così mostruosamente bene e io non ne sapevo niente. Se li avessi seguiti da quando ho quattordici anni adesso sarei .. di sicuro sarei stata felice di conoscerli. Ma ricominciamo da Ferdinand.


Ferdinand è un giovane pieno di voglia di vivere che si lancia quasi per scommessa all'interno di un reggimento e in men che non si dica si ritrova ad avere a che fare con sangue che sgorga dalle gole come marmellata bollente – la metafora è di Celine – ed è così che comincia il cataclisma della sua vita, quello che apparentemente lo trasforma per sempre in un essere infelice.


Poi si parla di Africa, condizioni di vita bestiali in cui il ragazzo, incastrato in una capanna in mezzo alla foresta amazzonica con un incarico fra i più sporchi, ma almeno senza pallottole in vista, può mangiare solo cibo che immancabilmente deve vomitare e bere acqua che è fango.


Infine si arriva all'America, New York, lo sfruttamento nella fabbrica della Ford, la marmellata di folla che si spalma sulle strade della città – sempre metafora sua – che lui odia infernalmente e verso cui rivolta tutta la sua rabbia nei confronti dell'ingiustizia umana nata nei tempo di guerra quando vedeva i suoi colonnelli dissanguati e i tedeschi che sferzavano pallottole contro di lui, anche se, gli sembrava, lui non aveva mai fatto del male a nessuno.


Atroce è la parola che più attraversa l'esperienza dell'ascolto di questi stralci di libro di Celine. Atroce da far schifo, direbbe l'autore, così verace, che non si risparmia nulla della cruda natura degli uomini, una natura che si sente addosso egli stesso, tanto da viverci dentro per tutta la sua giovinezza, dal reggimento alla foresta africana, dall'alienazione in fabbrica alla solitudine che mozza il fiato della città. Un romanzo, un ascolto, di una vita al limite della sopravvivenza, di una lotta per urlare stridente la sua presenza, foss'anche triste, a questo mondo. Un viaggio, quello del giovane Ferdinand, al di là del quale non rimane nulla, tutto il resto è noia.. e non continuo altrimenti il rischio è di parafrasare uno dei più bei pezzi dell'autore.


Mi è venuta voglia di piangere quando Fabrizio ha letto queste righe, in quel momento ho capito perchè ero lì. Ero lì perchè non mi bastava nutrirmi di poltiglia e bere fango. Avevo voglia di Celine, di Fiato ai Libri e forse tanti altri come me e quelli che da dieci anni hanno continuato a frequentare il festival...

E a quei cinque ragazzi sul palco che hanno dato fiato a “Viaggio al termine della notte”, è stata rivolta tutta la mia gratitudine e il calore del nostro applauso.
fotografia di Gaia Filippi