Cassandra a Mogadiscio di Igiaba Scego |  Matilda sei mitica!

giovedì 15 giugno 2023

Cassandra a Mogadiscio di Igiaba Scego

Cassandra vede Troia che brucia, ma non viene ascoltata, perché Apollo, che l’amava senza essere ricambiato, le ha lanciato contro una maledizione. Così anche Igiaba, insieme alla sua famiglia, osserva dall’Italia la sciagura che si riversa sul popolo somalo dal 1991, la guerra civile, senza che nessuno la capisca. 

 

Perché i compagni di classe organizzano feste di Capodanno e baciano per la prima volta. Perché l’occidente di fronte allo scempio vissuto dai connazionali volta lo sguardo dall’altra parte, parla di Afghanistan, di Saddam Hussein, mentre lei, riversa su un water, vomita via il Jirro, la maledizione. 

 

Quell’atroce maledizione che odora di carne in putrefazione e kalashnikov, che la inchioda al bagno, in una bulimia nascente, nell’attesa che sua madre torni, hooyo Chadigia, che a quel conflitto è andata incontro. “Perché mamma sei andata incontro alla guerra?” chiede Igiaba, e lei risponde che è stato per ritrovare i figli abbandonati ai tempi del regime, e per lottare per il suo clan. Perché nonostante la Somalia ami Chadigia, Igiaba e gli altri, il suo popolo non l’ha corrisposta. 

 

Per lungo tempo è stata dominata da individui sanguinari, dalla lingua tagliente come un coltello, dittatori e bianchi (gaal) violentatori di donne, che l’hanno trasformata in latrina, discarica a cielo aperto. Perciò lei ha procurato a loro, aggressori, vittime, abusanti o abusati, il Jirro, la prova del dolore. 

 

Pochi romanzi sanno tratteggiare con rigore storico e al tempo stesso pathos linguistico il livore e le vicissitudini di uno scontro fra i più sanguinolenti della Terra. E Igiaba lo fa con le testimonianze dei suoi cari, attraversando il suo stesso passato, alla ricerca di risposte, ma il più delle volte confrontandosi a lungo con le domande. In una piccola cucina romana, avvolta da maglioni infeltriti, fra un tè alla cannella e chiodi di garofano e un musical di Fred Astaire. 

 

Con la consapevolezza di chi sa che cucirle fra loro, le voci della storia, è l’unica via per sopravvivere all’oblio nel quale la modernità ha lasciato cadere la vecchia colonia, sua patria.

 

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