Recensione: Un solo paradiso di Giorgio Fontana
Attesissimo dalla critica, il nuovo
romanzo di Giorgio Fontana, classe '81, talentuoso reporter di Babele 56, reportage narrativo sull'immigrazione a Milano, e autore di altri quattro romanzi, gli ultimi usciti per Sellerio, vince il Premio Campiello nel 2014 con Morte di un uomo felice. Arriva nel mio
scaffale di curiosa cronica perché è una novità in circolazione. Cosa ne
penso di questa pubblicazione? Una storia intensa e forse un po'
troppo cupa, che tuttavia ben ricalca un fatto ai più disconosciuto:
anche gli uomini soffrono per amore.
Autore: Giorgio Fontana
Editore: Sellerio
Genere: Romanzo
Pagine: 194
Prezzo di copertina: Euro 14,00
Anno di pubblicazione: 2016
Trama:
Milano oggi. Un trentenne ha
appena avviato la sua attività autonoma e sta tornando stanco e
pieno di dubbi verso casa, quando decide di fermarsi a bere una birra
al Ritornello, il vecchio bar che frequentava con la sua combriccola.
Qui trova con stupore Alessio, un amico che non si faceva vedere da
tempo, seduto con aria sperduta e aspetto
trasandato. Alessio decide di
raccontargli la sua storia, di quando si è innamorato di Martina,
delle lunghe passeggiate dei primi tempi, di quando la prima volta la
baciò in un vicolo della città che soffiava farina calda fuori da
una panetteria, nel cuore della notte, della loro vacanza insieme. Dei
primi cedimenti, incomprensioni e malumori, i quali, invece che
trasformare la relazione in senso più maturo, hanno finito per far
crollare le certezze di entrambi, spingendo l'una fra le braccia del
mai dimenticato ex fidanzato manipolatore e l'altro in un baratro di
crisi esistenziale. Comincia qui il vero romanzo, nel momento in cui
Alessio mette piede nella sua solitudine cronica, nel momento in cui
l'amore con la A maiuscola scuote irrimediabilmente il suo
animo, al punto da consegnarlo a una serie di ansie implacabili, affievolite
dagli Xanax, dai viaggi compulsivi e poi dall'alcool. Un intera
esistenza scossa dall'abbandono di una donna.
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Giorgio Fontana
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Commento:
Il racconto di un abbandono al
maschile, che con grande novità mette in luce gli aspetti della
fragilità dell'uomo, quello sbandamento a volte solo di
qualche bevuta, a volte insanabile, di colui che scopre, grazie al
primo amore, anche la prima grande sofferenza. Le fatiche che l'esistenza ci
consegna di fronte alla perdita. E ancora: la travolgente passione
della simbiosi amorosa, incapace di comunicare, che si
rifugia nel sesso per sanare le incomprensioni. Il
panico della separazione. Nel contorno c'è una Milano labirintica e per giunta rassicurante, che offre al protagonista lo spazio per viaggiare a vuoto, in lungo e in largo, senza meta, allegoria del viaggio apparentemente senza
senso che Alessio si trova a dover compiere dentro di se. Una grande solitudine.
Non c'è un vero punto di svolta, Alessio è un personaggio che sta di fronte alla perdita senza mai affrontarla, una caricatura
mostruosa, la faccia dolorosa dell'essere amati, la
paura, l'incubo. Un racconto del terrore, un salto mortale nella caverna oscura delle nostre
insicurezze, che si annidano in uno spazio minuscolo
dentro di noi, ma saltano fuori quando Amore, con forza imperante, chiede di arrenderci ad esse.